Etica Open Source (riuso e software libero) – Versione originale

Ho partecipato appena prima della quarantena del Covid (febbraio) a un evento organizzato da Stati Generali dell’Innovazione alla Camera dei deputati per realizzare un manifesto ed ebook per aiutare i politici, nel mio caso per il tema Open Source. Trovate le video interviste su quel link, devo ammettere che è stata una bella esperienza mettere piede nel posto simbolo del nostro paese.
Oltre a reincontrare amici vari del mondo Open, che caso volle sia stato l’ultimo evento informatico a cui ho partecipato prima della quarantena.

Ho indossato la maglietta del progetto publiccode.eu, di fronte al ministro per il digitale.

Qualche giorno fa è stato pubblicato il libro e manifesto ma sfortunatamente il testo non è più quello che ho scritto, ho fatto togliere il mio nome perché non ho partecipato alla revisione definitiva che ha stravolto diverse cose e aggiunto una bibliografia che io non avevo messo per niente.

Ho scritto questo testo durante la quarantena, revisionato piú volte, fatto leggere e raccogliere commenti a persone terze che non capiscono di informatica per fare un lavoro al meglio. C’è stata una revisione sulla grammatica in alcuni punti da parte del gruppo di lavoro stesso ma è finito qui l’intervento che c’è stato prima della pubblicazione definitiva.

Ecco il testo originale in cui ho scritto la maggior parte del testo e che Ennio Gemmo ha revisionato (che ringrazio per avermi fatto partecipare):


La tecnologia è in continua evoluzione, quindi è necessario essere moderni e al tempo stesso aperti alle opportunità offerte dal mercato tecnologico per essere preparati alle sfide del prossimo decennio. Formare cittadini coscienti dell’uso quotidiano della tecnologia e non meri consumatori, migliorare la trasparenza per essere al pari delle altre realtà europee e mondiali, stimolando nuove occasioni nel tessuto sociale ed economico, sia locale che nazionale, sono alcuni dei punti aperti.

L’etica Open Source permette di pianificare un futuro con più opzioni di sviluppo anche in realtà desertificate o con difficoltà economiche, solamente valutando possibilità diverse e una maggiore trasparenza che oggi la cittadinanza invoca a gran voce.

Un’etica non deve essere prettamente finalizzata al mondo Open Source ma all’uso che si fa degli strumenti tecnologici, dei dati e della formazione annessa con una sensibilità sui vantaggi sul lungo termine.

La trasparenza delle scelte, nella distribuzione di dati e informazioni offre servizi migliori ai cittadini e alle aziende che possono creare vantaggi non visibili oggi. Un dato comune è negli enti pubblici la mancata adozione o distribuzione degli open data in formato leggibile dalle macchine, perché non sono visti come utili non essendoci di fatto al rilascio un vero effetto tangibile delle opportunità che possono generare.

In un mondo interconnesso, globale e dove tutto accade in tempo reale, non si può continuare a scegliere per il breve periodo. Il punto di vista dell’italiano medio spesso è limitato e chiuso riguardo alla tecnologia e questa visione ci porta sempre diversi gradini indietro al resto del mondo, impedendo possibili evoluzioni imprevedibili utilizzando tecnologie obsolete sia come metodologia (ad esempio utilizzando quel flusso di lavoro su sistemi dove non è più ottimale o utilizzare tecnologie problematiche che creano problemi di compatibilità) che come accesso o disponibilità.

Un esempio d’ignoranza digitale e alfabetizzazione digitale è avvenuta nel nostro paese durante la l’emergenza sanitaria. L’effetto “smart working” o come chiamato in gergo “lavoro in remoto” ha dimostrato le carenze tecniche (da infrastruttura, piani alternativi per il proseguimento delle attività lavorative, prove di funzionamento in casi critici della rete, ecc) oltre che la mancanza di conoscenze di queste soluzioni durante la crisi pandemica del CoVid19. Gli italiani sono stati costretti a informarsi ed evolversi in ambito tecnologico che in molti altri contesti (ambito energetico, industriale, universitario, giornalistico) è normale e naturale.
Un altro esempio sono state tutte le novità tecnologiche che durante questa pandemia hanno permesso ai cittadini di accedere alle ricette farmaceutiche in formato elettronico invece di dover andare fisicamente dal medico. In diverse regioni questo non avveniva per vari motivi, questa esigenza del digitale ha provocato una forzatura di alfabetizzazione digitale che porterà dei benefici a lungo termine solamente se la resilienza digitale sia compresa da tutti gli elementi che gestiscono il flusso lavorativo.
Il caso del sito INPS sotto attacco hacker (di cui la realtà digitale italiana non ha mai creduto in questo racconto dei fatti) ha dimostrato delle lacune nella preparazione dell’infrastruttura a reggere un carico di accessi simili e di mancata configurazione della cache per evitare la diffusione dei dati personali.

Alcuni esempi dove la trasparenza ha fornito alle realtà civiche o civic hacking opportunità di sviluppo e informazione:

Cambiando argomento un problema comune in ambito pubblico è il “vendor lock-in” o blocco del fornitore che è il classico esempio di visione chiusa che comporta problemi nel lungo termine e che l’etica Open Source permette di evitare. Un esempio concreto sono i molti CED italiani che utilizzano software vecchi di anni perché le aziende che hanno realizzato quei prodotti non esistono più e/o non è possibile accedere al codice sorgente originale per poterli migliorare e offrire nuovi servizi o snellire i tempi di lavoro. Oppure il passaggio a una alternativa analoga che comporti più benefici perché non si ha accesso ai dati stessi per una eventuale migrazione.

I dati sono il petrolio del nuovo millennio e uno stato rilascia quotidianamente migliaia di documenti in formato digitale, quale deve essere il modo per contenere questi dati? Se fosse un modulo cartaceo è chiaro, sarebbe messo in una cartella o faldone, contrassegnato e archiviato in un posto consono in base alla proprietà e per mantenere la sua sicurezza da eventuali manomissioni, ecc.
Quale deve essere questo faldone nel mondo digitale? Un formato fa la differenza perché se il software che lo ha creato non esiste più o non si può più usare ne impedisce l’accesso anche al proprietario stesso.

Uno stato democratico e con principi non può dipendere da una azienda sia privata, che pubblica che non rende trasparente come questo contenitore di dati sia strutturato. Un esempio di questo è il TED talk di Salvatore Iaconesi del 2013 (https://www.ted.com/talks/salvatore_iaconesi_what_happened_when_i_open_sourced_my_brain_cancer) che da malato di tumore non poteva trasmettere le sue cartelle cliniche da un dottore all’altro per trovare una cura (perchè il file richiedeva un software specifico che in quel settore costa migliaia di dollari). Invece lui ha hackerato questi file per sbloccarli e rendere in modo open source i suoi dati sanitari lanciando il progetto http://la-cura.it/ e guarendo.

Al tempo stesso è necessario forzare la mano secondo la legge nella scelta prioritaria di queste soluzioni aperte che diano allo stato o ai suoi rappresentati potere e possesso di quello che producono in digitale. Obbligare al riuso dei software permette di creare opportunità sul territorio e avanzamenti tecnologici oltre che risparmio di tempo e denaro diventando virtuosi. Gli esempi già visti in situazioni di crisi non sono stati pianificati ma sono stati possibili perché i dati erano disponibili, le tecnologie utilizzate lo permettevano oltre a essere state utilizzate nel modo più corretto.
Documentare queste scelte è importante perché lascia una traccia, un modello o un riferimento che permette di valutare il danno erariale, di adeguarsi agli standard di sicurezza, di modernità e affidabilità tecnologica, accesso da più dispositivi, semplificare le procedure e la vita a noi cittadini.

Piattaforme come PagoPA, SPID o ANPR, pur nelle loro complicazioni tecnologiche forniscono uno standard aperto e documentato che permette l’integrazione di queste soluzioni/servizi tra più realtà da sempre scollegate come le università o i comuni.
Lo stato non può lavorare di nascosto per i propri cittadini in queste decisioni o soluzioni perché non deve competere con i segreti industriali di tecnologie competitive sul mercato ma offrire servizi che funzionano, semplificano la vita e che aiutano a snellire la burocrazia che attanaglia il nostro paese.

Un esempio virtuoso è quello che il catalogo del riuso (https://www.agid.gov.it/it/agenzia/stampa-e-comunicazione/notizie/2019/06/17/svolta-dellopen-source) portando realtà locali o statali a condividere i propri strumenti digitali, semplificare l’accesso a servizi e porta questa etica con tutti i benefici che ne conseguono.

La tecnologia ha bisogno di una etica che è possibile attuare se si ha la visione giusta che può portare il paese Italia a essere un paese del G8 a pieno titolo anche nel digitale.
Il termine open source si può tradurre come https://www.gnu.org/philosophy/open-source-misses-the-point.html “Puoi guardare il codice sorgente del software perché è pubblicamente accessibile ma in base ai termini delle licenze“.
Con software libero si intende un gradino superiore ovvero la libertà sull’utilizzo e modifica di questo codice.
Questa differenza filosofica è necessaria per indicare le varie possibilità che un progetto può perseguire, ad esempio: la doppia licenza commerciale/senza fini di lucro con rilascio dei sorgenti o progetti commerciali che includono componenti open source.
Solitamente i progetti open source sono anche software libero per via della licenza ma è bene notare questa differenza, che succede in casi molto rari ma molto forte in ambito enterprise o delle pubbliche amministrazioni.

Dopo tutte queste premesse è ora di analizzare i 3 punti del manifesto riguardo a questa tematica che sono molto chiari:


Qui il testo originale finisce, sta a voi fare una valutazione con la versione pubblicata e tirare le somme. Per me la versione definitiva oltre alla mancata revisione o richiesta per tale (oltre alla bibliografia) manca di tutto l’incipt motivazionale che è introduttivo per capire l’etica del contesto per uno che non capisce granchè di digitale.

Onestamente sono deluso per come è stato pubblicato il lavoro e anche perchè ho dedicato molto tempo su questo testo, che per me era importante.

Non mi interessa se è stato modificato, tutto quello che scrivo ha sempre bisogno di essere rivisto che sia Italiano o Inglese ma siccome sono stato interpellato per parlare di Etica, diciamo che preferisco essere pedante.

PS: Inizialmente il pdf del libro era stato generato con Microsoft Office (non da me), quindi possiamo dire che gli stessi membri del gruppo o della associazione non fanno caso alle stesse tematiche che portano avanti.

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